Ma dove hai la testa?
Vi sarà capitato di fare una cosa per non averne memoria poco dopo, come quando si guida e non ci si ricorda dell’ultimo chilometro fatto, oppure come quando si chiude la porta di casa e fatti pochi metri non ci ricordiamo più se l’abbiamo fatto. Se vi è capitata una di queste cose, non dovete preoccuparvi, poiché queste défaillances fanno parte del normale funzionamento dell’attenzione umana. Siamo presi da un pensiero, ne seguiamo il filo, e come risultato ci perdiamo alcune delle cose che accadono intorno a noi, anche se continuiamo ad eseguire quello che stiamo facendo in sicurezza (come guidare o tagliare le verdure).
Tuttavia può accadere che questo stesso meccanismo, inoffensivo e naturale, concorra nel mantenere alcune forme di disagio psicologico come ansia o depressione. Quando la nostra attenzione è eccessivamente orientata verso “l’interno di noi” (ad esempio su emozioni o pensieri) ci possiamo perdere degli elementi importanti del contesto che potrebbero aiutarci a uscire dallo stesso problema da cui emozioni e pensieri nascono.
A seconda di quello che richiede la situazione, può essere meglio dirigere la propria attenzione all’interno per capire che accade (come per chi soffre di accessi di rabbia) oppure all’esterno (come nel caso di chi soffre di ansia). La parte più interessante è che si può imparare a dirigere l’attenzione e quindi migliorare la nostra capacità di rispondere efficacemente alle richieste ambientali. Tecniche di mindfulness, meditazione, sono tutte incentrate su questo allenamento della consapevolezza, dove l’individuo vede cosa fa la propria mente, per poi imparare come dirigere la propria attenzione. Non è un caso che una delle più antiche tecniche di meditazione insegni a portare e mantenere la propria attenzione sulle sensazioni del proprio respiro